Troppi gli errori commessi nel nome della nostra salute
La tragedia vera è che la vivisezione è un
gravissimo errore metodologico che condanna l’uomo a errare, come un
cieco, alla ricerca di un segnale che gli indichi la strada perduta
di Oscar Grazioli - 15 aprile 2012
La vivisezione non è solo una tortura che il cinismo umano infligge agli
animali. Fosse «solo» questo non sarebbe certamente giustificabile, ma
potrebbe essere comprensibile, visto che che il cammino dell’uomo su
questo pianeta è costantemente segnato dai rivoli di sangue che si
lascia dietro.
La tragedia vera è che la vivisezione è un gravissimo errore
metodologico che condanna l’uomo a errare, come un cieco, alla ricerca
di un segnale che gli indichi la strada perduta. Succubi della filosofia
di Cartesio, per cui l’animale è una macchina da gettare quando si
rompe e con le labbra ancora sulle mammelle della fisiologia di Claude
Bernard (il più fanatico vivisettore ottocentesco), i vivisettori non
amano le luci della ribalta, ma il silenzio dei loro laboratori in cui
si celano, come documenterò in modo inoppugnabile, i loro risultati
artatamente falsati, per i benefici delle ditte da cui sono pagati.
Guardando
quel cartellone che presto vedremo agli incroci importanti delle nostre
strade, è ovvio che si è quasi obbligati a cedere. Si tratta di un
ricatto, vecchio come le caverne. «Vuoi che viva il ratto o la tua
bambina?».
Risposta ovvia. Ma aspettate un momento, lasciatemi fare qualche
piccolo cambiamento. Il cartellone ora mostra il topo ben pasciuto e
decisamente vivo, mentre la bambina, pelle ossa e senza capelli, giace
morta nel letto d’ospedale. Triste davvero. Sotto c’è la spiegazione.
«Nel ratto aveva funzionato benissimo, quando siamo passati alla bambina
purtroppo è morta». Sono centinaia i principi attivi che vengono
ritirati in tutto il mondo in pochi anni, dopo che la sperimentazione
«sul campo» (ovvero nell’uomo) ha dimostrato effetti tossici devastanti,
mai riscontrati su ratti o cani. Lasciamo perdere i nomi, non
basterebbero due pagine di giornale. Qualcuno penserà che sa già dove
vado a parare.
Tirerò fuori la vecchia storia della Talidomide, l’ipnotico che,
sperimentato sugli animali, provocò un esercito di focomelici, una volta
assunto dalle donne in gravidanza. Roba vecchia? Allora vediamone
qualcuna più recente. Le angiostatine di Judah Folkman che, qualche anno
fa, riempirono le pagine dei periodici per mesi. Sconfiggevano
brillantemente il cancro nei topi. Purtroppo non nell’uomo. E il vaccino
anti Aids della nostra professoressa Ensoli? Sembrava eccellente sulle
scimmie. Non sull’uomo. Quante scimmie (e quanti soldi) cartesianamente
gettate via? Ma, lasciatemi ancora giocare con quel cartellone. Adesso
le immagini mutano ancora e si vedono un coniglio e la bambina, entrambi
morti. Sempre più triste. La spiegazione? Semplice. Abbiamo
somministrato al coniglio una piccola dose, per bocca, dell’antibiotico
più usato per i bambini, l’Amoxicillina. Purtroppo in un paio d’ore è
morto. Ne abbiamo dedotto che doveva essere tossico anche per l’uomo e
l’abbiamo così negato alla bambina che aveva necessità proprio di quello
per guarire. Purtroppo, ancora una volta, abbiamo sbagliato tutto.
Ricordate i famosi 56 cuccioli di Beagle della ditta Morini sequestrati
al Brennero una decina d’anni fa? Erano indirizzati a un laboratorio
tedesco che effettuava esperimenti vitali per la salute umana.
Quando arrivai a Bolzano e mi avvicinai al gruppo mi accorsi che non
avevano due mesi, mentre sui libretti d’accompagnamento era indicato che
ne avevano sei. Ma i dati sperimentali che escono da un cucciolo di due
mesi sono uguali a quelli di uno che ne ha sei? No, saranno dati falsi,
come falsa era la data di nascita imposta dal laboratorio alla Morini.
Quando vedrete quei cartelloni, con il topo e la bambina, girate il viso da un’altra parte. Ai ricatti è così che si risponde.
Fonte: http://www.ilgiornale.it
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