Brescia, esplode la rivolta animalista contro il macello più grande d'Europa
Ogni giorno arriveranno alla struttura di Manerbio 12mila suini destinati ai prosciuttifici che riforniscono i supermercati. Il sindaco: "L'impianto darà un lavoro a 800 persone"
di JENNER MELETTI
MANERBIO (Brescia) - Sarà in
bella mostra, «il più grande macello d'Europa». Il mattatoio «con
stordimento e iugulazione, reparti dissanguamento...» (non c'è bisogno
di andare oltre, per far capire cosa sia un macello) sarà costruito
proprio a fianco del casello autostradale della Torino-Brescia. Ogni
giorno una fila di camion porterà qui 12.000 suini e, anche tenendo
conto dei giorni di pausa, il totale un po' spaventa: 50.000 maiali alla
settimana, 2,5 milioni all'anno, troveranno qui il loro viaggio ad
'alta velocità' verso i prosciuttifici e i banchi refrigerati dei
supermercati. Gli animalisti del 'Coordinamento contro il mega-macello'
dicono che «il sangue scorrerà a fiumi, notte e giorno».
Gli
ambientalisti protestano perché altri 100.000 metri quadrati di buon
terreno agricolo verranno cementificati mentre dal sottosuolo verranno
prelevati 85 litri d'acqua al secondo. Gli industriali della carne,
numeri alla mano, sostengono che il grande impianto sconvolgerà il
mercato, cancellerà le filiere locali e riuscirà a prosperare solo se
farà fallire gli altri macelli, che in Lombardia già 'lavorano' 4
milioni di suini all'anno.Il sindaco di Manerbio, Cesare Meletti, gioca subito la sua briscola: i posti di lavoro. «Ricevo i cittadini il mercoledì e ogni volta c'è la fila di disoccupati. Il macello darà lavoro a 700 operai e a 80 fra impiegati e tecnici. Per una città di 13.500
abitanti non è la panacea di tutti i mali ma è certo un aiuto
importante. Gli animalisti dicono che questo sarà "un nuovo campo di
sterminio". Invece non sarà solo un macello, ma una grande azienda di
trasformazione della carne suina. E certo, imporrà grandi cambiamenti al
mercato. Ci sono forti interessi in ballo e i produttori di prosciutti
fanno cartello in difesa del loro business».
L'altro giorno il sindaco ha preso l'aereo ed è andato a Kutno, in Polonia. «Ho visto il macello aperto nel 2009 dalla Hamburgher Pini, lo stesso gruppo che vuole aprire a Manerbio con un investimento di 45 milioni di euro. Tutto pulito, tutto in ordine, come in una sala operatoria. E gli operai sono contenti, perché lavorano 10 ore al giorno ma guadagnano 1.000 euro al mese, contro i 350 degli altri operai polacchi». Pdl (il partito del sindaco), Lega nord e Futuro e Libertà attaccano coloro che «lanciano pericolosi messaggi adducendo problemi come inquinamento, caporalato, problemi di traffico e dimenticando che la priorità vera è il lavoro».
Non sono scesi in piazza, gli imprenditori dell'Assica (Associazione industriali delle carni), ma hanno scritto al presidente della Lombardia Roberto Formigoni. «Abbiamo spiegato - dice il direttore, Davide Calderone - che l'apertura di un macello con capacità potenziale di 50.000 suini alla settimana cambierebbe tutto il quadro produttivo. In Lombardia ci sono già 5 imprese che lavorano 11.000 suini la settimana e altri due macelli medi. In tutto, con i nostri 4 milioni di abbattimenti, copriamo l'80 per cento del totale. Facendo i conti, per poter ottimizzare i costi, un macello come quello di Manerbio dovrà importare un milione e mezzo di suini da altre regioni e anche dall'estero. Tutto questo comporta un aumento del rischio sanitario.
Nel bresciano c'è la più alta concentrazione italiana di suini: 1,5 milioni di capi. La diffusione di malattie animali sarebbe devastante. Soltanto l'ultima epidemia di Mvs - malattia vescicolare del suino- in Lombardia ha provocato danni per 37,5 milioni di euro, pagati dalla collettività tramite la Regione. E poi ci sono i danni pesantissimi per le esportazioni. Dopo ogni focolaio si blocca il mercato dei prodotti di salumeria in molto Paesi extra Ue, prosciutti Dop compresi».
Per portare la materia prima a Manerbio arriveranno 350 camion alla settimana, ognuno con 150 maiali. «Noi ci chiediamo - dice Gabriele Pellegrini, portavoce di Legambiente, che fa parte del Coordinamento movimenti beni comuni bassa bresciana - se questa sia davvero un'opportunità di occupazione o un affare per pochi. Il macello sarà un vantaggio per l'agricoltura locale o per l'agro-industria multinazionale? Secondo uno studio della Flai Cgil, la competitività nei macelli si gioca quasi tutta sul costo del lavoro. Un dipendente con specializzazione media, dipendente diretto, costa all'azienda 22 euro all'ora.
Per un dipendente di un'impresa appaltatrice, spesso false cooperative, si scende a 12-15 euro, con l'utilizzo di lavoratori extracomunitari. E per ridurre ancora i costi si accelerano i ritmi di lavoro, con aumento delle malattie muscolo scheletriche al sistema mano-braccio, creando veri e propri danni permanenti. A 40 anni quei lavoratori non saranno più in grado di tenere in mano un coltello». Il Comune è comunque deciso ad andare avanti anche se nella zona sono tanti gli scheletri di cemento, prove di investimenti sbagliati: a San Gervasio ci sono i piloni di un centro commerciale mai finito, a Offlaga ci sono capannoni per 300.000 metri quadrati che «si affittano a 2 euro al mq al mese»e sono vuoti. «Qui da noi - dice il sindaco Meletti - c'era la Marzotto ed è andata nella Repubblica Ceca. Così al mercoledì potrò dire ai cittadini: sì, un posto di lavoro c'è».
L'altro giorno il sindaco ha preso l'aereo ed è andato a Kutno, in Polonia. «Ho visto il macello aperto nel 2009 dalla Hamburgher Pini, lo stesso gruppo che vuole aprire a Manerbio con un investimento di 45 milioni di euro. Tutto pulito, tutto in ordine, come in una sala operatoria. E gli operai sono contenti, perché lavorano 10 ore al giorno ma guadagnano 1.000 euro al mese, contro i 350 degli altri operai polacchi». Pdl (il partito del sindaco), Lega nord e Futuro e Libertà attaccano coloro che «lanciano pericolosi messaggi adducendo problemi come inquinamento, caporalato, problemi di traffico e dimenticando che la priorità vera è il lavoro».
Non sono scesi in piazza, gli imprenditori dell'Assica (Associazione industriali delle carni), ma hanno scritto al presidente della Lombardia Roberto Formigoni. «Abbiamo spiegato - dice il direttore, Davide Calderone - che l'apertura di un macello con capacità potenziale di 50.000 suini alla settimana cambierebbe tutto il quadro produttivo. In Lombardia ci sono già 5 imprese che lavorano 11.000 suini la settimana e altri due macelli medi. In tutto, con i nostri 4 milioni di abbattimenti, copriamo l'80 per cento del totale. Facendo i conti, per poter ottimizzare i costi, un macello come quello di Manerbio dovrà importare un milione e mezzo di suini da altre regioni e anche dall'estero. Tutto questo comporta un aumento del rischio sanitario.
Nel bresciano c'è la più alta concentrazione italiana di suini: 1,5 milioni di capi. La diffusione di malattie animali sarebbe devastante. Soltanto l'ultima epidemia di Mvs - malattia vescicolare del suino- in Lombardia ha provocato danni per 37,5 milioni di euro, pagati dalla collettività tramite la Regione. E poi ci sono i danni pesantissimi per le esportazioni. Dopo ogni focolaio si blocca il mercato dei prodotti di salumeria in molto Paesi extra Ue, prosciutti Dop compresi».
Per portare la materia prima a Manerbio arriveranno 350 camion alla settimana, ognuno con 150 maiali. «Noi ci chiediamo - dice Gabriele Pellegrini, portavoce di Legambiente, che fa parte del Coordinamento movimenti beni comuni bassa bresciana - se questa sia davvero un'opportunità di occupazione o un affare per pochi. Il macello sarà un vantaggio per l'agricoltura locale o per l'agro-industria multinazionale? Secondo uno studio della Flai Cgil, la competitività nei macelli si gioca quasi tutta sul costo del lavoro. Un dipendente con specializzazione media, dipendente diretto, costa all'azienda 22 euro all'ora.
Per un dipendente di un'impresa appaltatrice, spesso false cooperative, si scende a 12-15 euro, con l'utilizzo di lavoratori extracomunitari. E per ridurre ancora i costi si accelerano i ritmi di lavoro, con aumento delle malattie muscolo scheletriche al sistema mano-braccio, creando veri e propri danni permanenti. A 40 anni quei lavoratori non saranno più in grado di tenere in mano un coltello». Il Comune è comunque deciso ad andare avanti anche se nella zona sono tanti gli scheletri di cemento, prove di investimenti sbagliati: a San Gervasio ci sono i piloni di un centro commerciale mai finito, a Offlaga ci sono capannoni per 300.000 metri quadrati che «si affittano a 2 euro al mq al mese»e sono vuoti. «Qui da noi - dice il sindaco Meletti - c'era la Marzotto ed è andata nella Repubblica Ceca. Così al mercoledì potrò dire ai cittadini: sì, un posto di lavoro c'è».
23 aprile 2012
Fonte: http://milano.repubblica.it
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