Nutrire i randagi non può essere
vietato. Il Tar di Lecce, interpellato dalle associazioni animaliste, ha
infatti censurato l'ordinanza del sindaco di San Vito dei Normanni
Alberto Magli, che vietava di sfamare gli animali che girano per la
città. L'ordinanza sindacale fu emanata il 7 novembre scorso dal Comune
brindisino dopo una relazione dell'Asl che denunciava "un aumento
dell'imbrattamento del suolo pubblico con conseguente aumentato rischio
di trasmissione di infezioni da ecto ed endo parassiti alla
popolazione". La reazione del primo cittadino, responsabile per l'igiene
urbana, fu immediata, tanto quanto quella della "Lega per l'abolizione
della caccia" e l'associazione "Earth" che presentarono ricorso. Il collegio giudicante presieduto da
Antonio Cavallari (Giuseppe Esposito, primo referendario, Claudia
Lattanzi, referendario estensore) ha accolto in toto l'istanza delle
associazioni animaliste, disponendo l'annullamento dell'ordinanza con
queste motivazioni: "Il divieto sindacale, rivolto alla popolazione
locale tutta, di offrire alimenti agli animali randagi appare in
contrasto sia con la legge regionale sia con la legge quadro nazionale
(281/91), dettata a prevenzione del randagismo e a tutela degli animali
d'affezione".
Così ha stabilito la prima sezione del
Tar di Lecce, che spiega ancora: "La vigente legge regionale (3 aprile
1995) stabilisce che la Regione Puglia, al fine di realizzare sul
proprio territorio un corretto
rapporto uomo, animale e ambiente,
promuove, disciplina e coordina la tutela degli animali di affezione,
persegue gli atti di crudeltà e i maltrattamenti nei loro confronti
nonché il loro abbandono, e agli articoli seguenti stabilisce che
l'unico intervento ammesso per la prevenzione dal randagismo è la
profilassi attraverso atti di controllo delle nascite, precisando
altresì (articolo 10) che "la Regione promuove la tutela dei cani che
vivono in stato di libertà. E' vietato maltrattarli e spostarli dal loro
habitat".
E ancora: "Nel 1997 il Consiglio di
Stato in sede consultiva, su un ricorso straordinario al Capo dello
Stato analogo alla controversia in questione, ha precisato che nessuna
norma di legge fa divieto di alimentare gli animali randagi nei luoghi
in cui essi trovano rifugio. Inoltre, il divieto di deporre alimenti per
la nutrizione dei randagi o che comunque vivano in libertà contrasta
con l'articolo 2 della legge 281/91". In realtà, sottolineano i giudici
del tribunale amministrativo, riguardo all'allarme sanitario, la Asl
"non ha fornito alcuna prova o studio comprovante il pericolo
infezioni", ribaltando completamente gli assunti che hanno determinato
il divieto. "Si ricorda che spetta proprio all'Asl - aggiungono -
programmare le limitazioni e il controllo delle nascite attraverso la
profilassi non solo degli animali domestici ma anche e soprattutto degli
animali randagi".
FONTE: bari.repubblica.it
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