Domenica 29 Marzo 2009
di Stella Pende
Un cucciolo che mangia la carcassa di un piccolo animale, forse un
cucciolo suo fratello. Cani come fantasmi di ossa vagolano in una palude
di rifiuti e di brandelli di carne. Escono ed entrano da una casa
fatiscente, una casa di streghe senza porte, solo materassi sfilacciati e
sozzi quà e là. È quella di Virgilio Giglio, custode dei “cani killer”
che hanno ammazzato il piccolo Giuseppe Brafa.
Un film dell’orrore dove
nell’abbandono nell’inciviltà e nel degrado, vivevano quegli animali
insieme a quell’umano che credeva forse di essere un randagio anche lui.
Eppure nel passato settembre l’Asl e i carabinieri avevano fatto un
sopralluogo. Avevano visto tutto, ma non uno tra quella gente ha deciso
di cambiare nulla. Nessuno ha urlato allarmi, nessuno ha catturato cani.
Oggi un bambino che dava sfogo alla sua felicità in bicicletta è morto,
una ragazza di 25 anni è stata aggredita dai cani sulla spiaggia. Solo
Virgilio Giglio è in galera per omicidio colposo, unico colpevole. Ma
chi sono i veri responsabili, chi i mandanti della tragedia? “È un
miracolo che le disgrazie arrivino solo adesso” Ennio Bonfanti, uomo
della Lav (Lega anti vivisezione) in Sicilia ha la disperazione in gola
“Anni di lavoro vano! E oggi con la dolorosa morte di Giuseppe torniamo
ai massacri, alle polpette di stricnina, e agli animalisti trattati come
orchi”. Ennio aggiunge che oggi, come mai, la sporcizia della questione
randagi sta nell’illegalità nutrita da certi sindaci e, di conseguenza,
nei ricchi business che gli amministratori regalano a certi tenutari di
galere canine. “Ma si rende conto che in Sicilia la legge 281 del 2000 è
diventata operativa solo nell’aprile 2007? Lungaggini assurde” continua
Ennio.
I numeri dicono le sue ragioni. La Lav parla di 1 milione di
randagi italiani. “Il tuo padrone ti ha fatto diventare randagio, il
tuo carceriere un investimento” scriveva Elisa D’Alessio mitica
combattete della Lav. Il Sud batte tutti i record. Ma tra i 1.650 comuni
che non possiedono canili proprio l’80 per cento sono in Sicilia, dove
sindaci e parenti preferiscono “affidarsi” alle strutture dei “privati”
Un affare che frutta ogni anno 7 milioni di euro. La commedia e gli
attori sono sempre gli stessi. Li indagano, poi tutto cade nel vuoto e
rischizzano fuori con prestanomi o senza. I bandi sono incredibilmente
vinti dai monopolisti delle città. Le tariffe legittime sarebbero 3,50
euro al giorno per i cani piccoli e 4 per quelli che superano i 10
chili. Calcolando che spesso un canile siciliano ha circa mille cani,
ecco che, spesso, i canili in Sicilia guadagnano quasi 1,3 milioni di
euro l’anno. Oggi, però, in tempi di crisi, per accaparrarsi la
sovvenzione (e il malloppo) alcuni boss canini giocano nelle aste al
ribasso, chiedendo per ogni cane 1,01 euro. Così i cani, torturati dalla
fame, mangeranno anche frattaglie in decomposizione. Berranno acqua
putrida e se non mangeranno affatto finiranno col divorarsi uno con
l’altro, l’eutanasia più economica dei canili. E alla fine ci sarà anche
l’ultimo anello dell’affare: lo smaltimento delle carcasse che verrà
pagato almeno 70 euro.
Oggi i fatti di Modica si tradurranno in una
tempesta di denaro proprio per i boss dei canili privati ai quali i
sindaci, terrorizzati dallo scandalo e dall’emergenza, riempiranno i
canili. Festa grande per i due monopolisti siciliani: lo “Zoo Service”
di Catania e la “Mimiani srl” nelle province di Ragusa ed Enna.
La
Zoo service ha una storia singolare. Convenzionata con tutti i comuni, o
quasi, della provincia (stima di oltre mille cani) il suo proprietario,
Mauro Trombetta, ha accumulato con il comune di Catania ben 2,5 milioni
di crediti negli ultimi anni. I cani che aveva “mantenuto” nella
provincia erano 1.600, così pareva dichiarare lui. Poi nei giorni scorsi
è stata firmata una transazione. Pace fatta tra sindaco e Trombetta.
Contemporaneamente esce su Internet il bando per una gara europea, nella
quale si offrono 1,6 milioni di euro per tre anni. Chi la vincerà? “Nel
frattempo c’è già stata una sorpresa! Improvvisamente i cani catanesi
dichiarati da Trombetta sono diventati 480″ racconta una volontaria che
preferisce rimanere anonima “in certi canili quando un cane muore si
estrae il microchip per metterlo su un altro. E così ecco il prototipo
del cane infinito con pagamento infinito”. Sorriso amaro. La ragazza non
dorme da una settimana.
Dopo Modica l’ossessione del cane killer ha
acceso la paura e soprattutto l’odio degli italiani. A Porto Empedocle i
cani “spariscono” di notte. Come la spazzatura a Napoli. A Piana degli
Albanesi sono stati trovati i corpi dilaniati di sette cuccioli
investiti uno ad uno. “Si fanno piani di avvelenamenti nei bar, negli
autotobus, nelle piazze. Una potatura che farà trovare la Sicilia pronta
per i turisti estivi che rischiano di disdire le prossime vacanze
nell’isola” dice Sara Tremonti militante di un associazione
locale”Nascondiamo i cani di quartiere nelle case, nelle auto, negli
uffici. L’altroieri ne abbiamo messi 20 su un aereo per Roma. Anche
madri con intere cucciolate. Qui ingabbiano tutti: piccoli e grandi,
buoni e cattivi. La paura è diventata leggenda nei paesi e nelle città.
Se un cane abbaia è cane “mursicaturo” da uccidere”.
Gli animalisti
oggi sono diventati amici e complici dei mostri pelosi. In verità è
gente capace di rabbia e di innocenza che solo gli animali riconoscono.
Uomini e donne che non si liberano di quest’ossessione: l’amore per
sempre. “Randagiamo i sindaci” è il nuovo manifesto di “Chi li ama ci
segua” neonata associazione milanese. Anche Francesca Martini,
sottosegretario al Welfare, si è dimostrata paladina del dolore e della
giustizia per i cani: “No alle mattanze e sì alle sterilizzazioni
obbligatorie, unica salvezza” ha detto “Il randagismo è figlio di
amministrazioni incapaci. Tra il 2003 e il 2008 la regione Sicilia ha
preso 3 milioni di euro dove sono? Perchè molti comuni non hanno neppure
chiesto i fondi stanziati per l’emergenza? E se li hanno presi che fine
hanno fatto?”.
I comuni siciliani per i cani hanno un sacco di
debiti. Quello di Ragusa (Modica è un suo centro) deve 310 mila euro al
canile Maya, brava gente, e a quello di Ispica solo 60 mila. Mentre il
comune di Agrigento sembra dover dare all’Enpa (Ente nazionale
protezione animali) almeno 400 mila euro. Qualcuno però fa notare come
più di un comune abbia rifiutato i fondi regionali preferendo pagare i
privati. Il comune di San Vito Locapo, Trapani, nel 2004 ha avuto
assegnati dalla regione ben 25 mila euro per un ambulatorio di
sterilizzazioni. Nel 2005 però uno scritto firmato dal comandante della
polizia municipale comunica “il mancato utilizzo della somma, dovuto a
una diversa destinazione del sito prescelto”: dunque altri cani randagi
per i soliti canili. Il comune di Enna invece ha fatto un passo avanti.
Ha costruito uno studio medico con tanto di macchinari nei locali
dell’ex macello, ma lo tiene chiuso in attesa di affidare la struttura a
chi la sappia usare. Per finire anche a Piazzza Armerina sono arrivati i
denari per l’ambulatorio. Ma dopo un anno, capito il disinteresse, la
Regione se li è ripresi. Oggi il comune ha l’acqua alla gola e il 26
febbraio ha bandito una gara d’appalto. Il vincitore è il noto canile
Mimiani srl. Il Mimiami è il rifugio privato più grosso del centro sud
siciliano: poco meno di mille cani. Il canile si apre in una landa
deserta accanto a una linea ferrata chiusa. “Cerchiamo posti lontani
perchè i cani abbaiano” ha spiegato una volta il signor Silvio
Ferramosca di Lecce, proprietario di un canile in Puglia. Lui, per
evitare denunce, ha addirittura fatto tagliare le corde vocali degli
animali che aveva in custodia.
Ma i canili sono sempre agli inferi.
Perchè nessuno veda soffrire gli animali, perchè nessuno li veda morire.
Oltre la ferrovia nasce oggi il primo embrione del nuovo canile
Mimiani-Ricara. Il Ricara è famoso. Nel suo canile molti cuccioli non
superavano la settimana di vita dopo l’arrivo. Superindagato, oggi il
signor Ennio Lo Piano, proprietario del Ricara, continua ad avere circa
600 cani e a investire in nuovi rifugi.
Ma se i giganti del business
sono alla fine infrangibili e intoccabili, i piccoli rifugi delle
associazioni animaliste vengono invece bombardati da multe e sequestri
soprattutto oggi, dopo i fatti di Modica. I Nas hanno cominciato col
chiudere il canile di Maganuco, Ragusa, (illegale, anche se il
proprietario manteneva i suoi cani da solo). Il piccolo rifugio
dell’associazione Aronne Onlus di Agrigento, gestito con i sacrifici dai
volontari, ha incassato piogge di multe dall’Asl. “Certo, c’erano molte
mancanze, assenza di microchip e altro” dice Sandro Fanara, professore
di biologia e presidente di Aronne “ma mi chiedo come mai Asl e sindaci
siano molto “comprensivi” con i “grandi”, mentre noi pesci piccoli
autogestiti, dunque estranei al grande affare, siamo sempre sotto la
mannaia”.
Nella stessa terra ad Aragona d’Agrigento la signora Ninfa
Gueli, 80 anni, è l’esempio più vergognoso dell’inadempienza di certi
amministratori. Malata di cancro Ninfa ospita, nutre e protegge 100 cani
ai quali il comune non ha mai pensato. Tempo fa pur di far capire la
sua fatica si è data fuoco. Qualcuno la ascolterà?
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