venerdì 27 aprile 2012

Quei canili come lager, l'Europa si mobilita

Quella dei cittadini ha già raccolto centinaia di migliaia di firme per dire stop alle perreras. Ma la Ue tentenna

MILANO - Avete presente il senso di tristezza e di impotenza che vi prende visitando uno dei tanti canili italiani gestiti da associazioni animaliste, gruppi di volontari, Asl o consorzi comunali? Per quanto si possa provare a trovare consolazione nel fatto che i trovatelli presenti in questi rifugi abbiano un tetto sotto cui ripararsi dalle intemperie, non soffrano la fame, siano controllati dai veterinari e accuditi con professionalità e quasi sempre anche con amore non ci si riesce mai a togliere dalla testa l'idea di quanto possa comunque essere triste per loro trascorrere una parte della propria esistenza - che in alcun casi significa mesi o addirittura anni - dietro alle sbarre di una gabbia. Eppure è davvero nulla rispetto alla realtà delle perreras, i canili municipali spagnoli, che sono veri e propri bracci della morte, dove cani e gatti vengono sipati in condizioni precarie in attesa di adozione o, molto più spesso, di esecuzione. Il tempo per trovare una famiglia disposta ad accoglierli è infatti brevissimo, una decina di giorni o poco più. Dopo di che la legge consente di eliminare il problema alla fonte, ovvero sopprimendo gli animali

LA MOBILITAZIONE DEI CITTADINI - Contro questa pratica è in atto da anni una forte mobilitazione popolare in tutta Europa, dove generalmente le politiche di gestione del randagismo, salvo alcuni casi - vedi gli stermini di massa dei cani di strada praticati in Romania -, sono più rispettose del benessere degli animali. E l'Italia è uno dei Paesi in prima fila in questa campagna. Nei giorni scorsi è stata l'Oipa a farsi carico del problema, incontrando a Bruxelles il rappresentante del commissario europeo John Dalli, per chiedere azioni concrete per la tutela di cani e gatti randagi in tutta l'area comunitaria. Il presidente dell'associazione Massimo Pradella e l'eurodeputato Andrea Zanoni non erano però soli: idealmente, con loro, c'erano anche 112.683 cittadini che hanno firmato una petizione chiedendo l'immediato stop delle esecuzioni nei canili spagnoli. Esecuzioni che avvengono spesso con metodi barbari, dal soffocamento in vere e proprie camere a gas al ricorso a percosse o a farmaci che agiscono sul sistema nervoso. E che, in alcuni casi denunciati dagli animalisti che hanno potuto assistervi o raccogliere testimonianze, hanno sfiorato il pulp, con animali cremati ancora vivi o solo semicoscienti.
MA LA UE TENTENNA - I membri dello staff di Dalli hanno spiegato di essere a conoscenza del problema e di ricevere molte pressioni da cittadini e politici delle varie nazioni. Ma al tempo stesso hanno dovuto ammettere che la Ue ha ancora le mani legate, perché per quanto il Trattato di Lisbona accenda i riflettori sull'esigenza di tutelare gli animali in quanto esseri senzienti, non ci sono ancora leggi applicative che vadano oltre il principio generale e che consentano di intervenire sulle legislazioni nazionali. Tuttavia è stato ribadito l'impegno a fare fonte al più presto a questa lacuna. La petizione italiana è stata affiancata da altre tre presentate da gruppi tedeschi, finlandesi e spagnoli. «E' necessario continuare a fare pressione affinché lo sdegno dei cittadini europei venga ascoltato - ha commentato Massimo Pradella -. Azioni vergognose e indegne di una società civile, come il trattamento riservato ai randagi in Spagna e Romania, devono essere portate sul tavolo di chi ha il potere di porvi fine».
I VIAGGI DELLA SPERANZA - Nel frattempo però c'è chi non resta alla finestra. Diverse associazioni italiane si prendono in carico i cani delle perreras e li portano in Italia per farli adottare. Veri e propri viaggi della speranza, che spesso hanno un epilogo a lieto fine. Ma il lavoro è immane, perché per quanti animali si possano portare nel nostro Paese, dove peraltro sono già molti i trovatelli in attesa di adozione, sono tanti quelli che ogni giorno dovrebbero essere riscattati. Va da sè che quelli che riescono a salvarsi siano solo una minoranza, piccole gocce in mezzo ad un mare di abbandono, di violenze e sopraffazione. Per questo motivo è indispensabile un'azione di tipo istituzionale. «L’intervento dell’Ue nei confronti degli Stati membri che quotidianamente sopprimono migliaia di randagi - dice ancora Pradella - dovrebbe essere tempestivo, perché nei prossimi due anni verranno uccisi e maltrattati ancora moltissimi animali. Tuttavia accogliamo positivamente l’apertura della Commissione Europea e ci auguriamo che ora dia effettivamente seguito alle pressanti richieste dei cittadini».
Alessandro Sala
27 aprile 2012

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